Cooperative: casi e soluzioni

Quesito del 06/03/2015

Siamo soci di una Coop.va edilizia a proprietà divisa.
Nel 2005 con delibera del Comune è stato trasformato il diritto di superficie da proprietà indivisa a proprietà divisa “per consentire il passaggio in proprietà degli alloggi ai singoli soci” citato letteralmente nella delibera.
Nel 2008 abbiamo estinto il mutuo contratto nel 1979 con agevolazioni regionali, nel 2012 abbiamo, con rogito notarile, trasferito il diritto superficie ai singoli soci.
Un anno dopo riceviamo comunicazione dalla Regione che dichiarava che non avendo richiesto l’autorizzazione alla stessa (legge 179/92) e non aver ottemperato agli atti amministrativi necessari, gli atti sarebbero considerati nulli; abbiamo inviato alla Regione tutta la documentazione richiesta e la risposta è stata: tutti gli atti vanno bene, potevano concederci l’autorizzazione al passaggio ai soci a sanatoria ma dovevamo liquidare la differenza di tasso sui mutui circa 1/1,5% in più a partire dal momento della stipula dei mutui (1979).
Chiediamo: questi importi sono dovuti? Anche se e’ passato tanto tempo? Poiché nella lettera la Regione dichiarava che il preposto a questa autorizzazione era il Comune, le delibere succitate valgono come autorizzazione?
Contemporaneamente è sorto un problema con il Comune che aveva stipulato con la coop.va una convenzione per l’acquisto del terreno su cui sorgono gli alloggi fissando una cifra di circa 25o milioni di lire pagabili in 4 rate.
Abbiamo saldato come da richiesta le prime tre rate e abbiamo richiesto la quantificazione dell’ultima rata che il Comune stabiliva in euro 85.000 evidenziandoci verbalmente che i singoli soci potevano acquistare la loro quota di terreno.
Quando alcuni di noi si sono presentati per l’acquisto il Comune dichiarava che in base ad una legge emessa dal governo Monti, l’importo per socio passava dai precedenti 2.000 euro a circa 15.000 euro.
E possibile tutto cio’? Avendo una lettera ufficiale che fissava la cifra, puo’ la Coop.va pagare quella e chiedere che il Comune ci faccia gli atti definitivi?

 

Risposta al quesito:
Vengono prospettate problematiche relative a due rapporti, uno intrattenuto con la Regione e l’altro intrattenuto con il Comune.
Il primo riguarda il tasso agevolato dal contributo regionale, originariamente in misura minore in forza della proprietà indivia della Cooperativa beneficiaria.
La trasformazione di quest’ultima  avrebbe dovuto essere preventivamente autorizzata dall’Ente regionale e, a seguito del nulla osta, avrebbe potuto effettuare le assegnazioni.
In assenza di autorizzazione regionale, lo scrivente ritiene che gli atti non siano nulli, ma resta su ciascuno di essi l’obbligo reale di versare alla Regione la differenza tra il contributo versato dall’Ente per il tasso della proprietà indivisa e quello della proprietà divisa successivamente acquisita dagli assegnatari.
L’altra problematica riguarda il terreno assegnato dal Comune, originariamente in diritto di superficie e successivamente, su richiesta della Cooperativa, trasformato in diritto di proprietà.
Gli importi dovuti per la predetta trasformazione sono disciplinati dai regolamenti comunali e dalla Legge e, pertanto, essi sono dovuti nella misura normativamente prevista.

Quesito del 06/03/2015

Sono socio di una Cooperativa edilizia a proprietà indivisa con contributo statale. Tutti i soci assegnatari di alloggio pagano regolarmente la propria rata di mutuo alla Cooperativa che a sua volta la trasferisce alla Banca mutuante.
In caso di recesso/esclusione di un socio la Cooperativa deve rimborsare le rate di mutuo pagate dal socio uscente?
Vanno rimborsate poichè non strettamente connesse con il rapporto sociale ossia con le spese comuni di organizzazione e di amministrazione o sono da considerarsi quale canone di godimento e quindi non rimborsabili?
In questo secondo caso però il socio prenotatario che subentrasse nel godimento dell’alloggio poco prima dell’estinzione del mutuo, in caso di successivo passaggio a proprietà divisa diverrebbe proprietario dell’alloggio con una minor spesa e un ingiustificato vantaggio economico.

Risposta al quesito:
Occorre preliminarmente verificare le statuizioni imposte dallo Statuto e/o dai deliberati assembleari, con riferimento alla regolamentazione dei versamenti al fine di individuare la parte destinata alla copertura dei costi della realizzazione edificatoria e la parte destinata alla copertura delle spese correnti, quest’ultima considerata “canone d’uso” dell’alloggio.
In assenza di specifica regolamentazione statutaria o assembleare, la Cooperativa avrà diritto a trattenere esclusivamente le somme inerenti alle spese generali e di manutenzione degli immobili, mentre sarà obbligata a restituire al socio receduto o escluso quanto dallo stesso versato a titolo di anticipazione per i costi di costruzione dell’immobile (rate di mutuo comprese).

Quesito del 05/03/2015

Sono stato eletto Presidente di una Società Cooperativa Edilizia per Azioni, a proprietà divisa, e volevo chiedere quali strumenti giudiziari, oltre a quello dell’esclusione dei soci morosi, ho per recuperare, in tempi rapidi, da questi ultimi le somme che ancora devono alla cooperativa titolo di interessi di preammortamento e dei diversi oneri degli alloggi (allacciamenti servizi, accatastamento, perizia ecc.) non ancora versati.

Risposta al quesito:
A condizione che i versamenti richiesti ai morosi siano stati deliberati e riportati in contabilità quale credito della Cooperativa e, inoltre, che sia formulata specifica messa in mora (con racc. a.r. analiticamente dettagliata), si potrà procedere con ricorso per decreto ingiuntivo innanzi al Tribunale Sezione Imprese, territorialmente competente, al fine di recuperare il credito, maggiorato degli interessi e delle spese legali.

Quesito del 04/03/2015

Sono socio di una cooperativa s.c.e.p.a. in attesa (ma temo sia ancora molto lunga, non essendo mai stata fissata alcuna data) di stipulare il rogito per l’assegnazione definitiva dell’alloggio, di cui ho già il possesso.
Nella determinazione del prezzo finale di vendita, la Cooperativa non mi riconosce una considerevole somma che io ho, in diverse trance, versato in contanti e di cui non mi è stata rilasciata alcuna ricevuta di pagamento e/o fattura.
Inoltre, ho comunicato alla cooperativa che nell’immobile si verificano delle infiltrazioni e ci sono altri vizi e difetti. Il Presidente mi ha detto che se voglio posso recedere dalla compagine e lasciare l’immobile.
Ora considerato che il recesso, per tutti i soldi che ho investito nell’appartamento, avendolo in gran parte già pagato, e per i problemi economici della cooperativa, non mi sembra la via migliore da intraprendere, cosa posso fare?

Risposta al quesito:
La prima cosa da fare è quella di richiedere alla Cooperativa il riepilogo contabile dei versamenti effettivamente accreditati, in quanto appare molto strano che a fronte di versamenti in contanti non sia stata rilasciata alcuna quietanza.
In secondo luogo occorre verificare le ragioni dell’attesa del rogito, posto che esso dovrebbe essere stipulato entro un termine ragionevole dalla finitura degli alloggi.
Occorre, infine, verificare tutta la situazione amministrativa della Cooperativa, esaminando i bilanci sociali e i deliberati assembleari, nonché richiedendo le debite informazioni agli amministratori sulla definizione del programma costruttivo.
A seguito dei predetti accertamenti, si potrà formulare una strategia di tutela in sede giudiziaria ovvero amministrativa.
In ordine ai vizi e difetti costruttivi dell’immobile è necessario che essi siano resi noti sia agli amministratori che all’impresa, ciò mediante atto scritto (raccomandata a.r. o atto stragiudiziale).
Nell’atto di messa in mora occorre richiedere l’immediato intervento riparatore, con riserva di tutela dei propri diritti.
L’effettiva tutela risarcitoria potrà essere esercitata dal socio solo dopo l’atto di assegnazione definitiva.

Quesito del 03/03/2015

Abbiamo acquistato alloggi in edilizia convenzionata in riferimento all’art. 35 della L. 865/71 ed art. 8 l. 10/1977. Subito dopo i rogiti abbiamo scoperto che ci è stato fatto pagare un prezzo del 40% in più del prezzo di convenzione per presunte migliorie di progetto e strutturali che il Comune e poi il Tribunale Amministrativo ha rigettato in quanto inesistenti.
Abbiamo chiesto spiegazioni alla cooperativa e ci è stato risposto che abbiamo avallato il prezzo in quanto sia nel rogito che nello statuto della cooperativa c’è un articolo (generico a tutte le cooperative) in cui il socio si impegna a versare le cifre di ogni intervento edilizio a cui si iscrive come socio assegnatario.
E’ possibile che un articolo dello statuto nonché le clausole vessatorie presenti nel rogito possano costituire il salvagente per aggirare il prezzo di convenzione stabilito nel bando con il Comune e quindi ci neghi la possibilità in sede civile di richiedere la maggior somma pagata?

Risposta al quesito:
Se, come sembra, il costo delle migliorie dovesse risultare un artificio per procurare un ingiusto vantaggio economico all’impresa appaltata e ad altri soggetti, i soci assegnatari potrebbero denunciare tutti i responsabili (impresa, amministratori e notaio), chiedendo  il risarcimento dei danni.
Appare impraticabile la richiesta risarcitoria in danno della Cooperativa, la quale dovrebbe reperire i fondi presso gli stessi soci danneggiati.

Quesito del 02/03/2015

Sono socio di una cooperativa edilizia a proprietà divisa assegnataria con diritto in proprietà in zona 167, la convenzione con il Comune è stata stipulata ai sensi dell’art. 35 della legge 865/71 e non ha mai usufruito di contributi pubblici pertanto si puo definire EDILIZIA CONVENZIONATA LIBERA, la costruzione prevede la realizzazione di 40 alloggi da assegnare in proprietà.
Ad oggi mancano circa 15 soci, situazione che ha creato il fermo del cantiere e l’impossibilità di ottenere un mutuo fondiario aumentando il credito che l’impresa vanta nei confronti della cooperativa.
In una delle ultime assemblee è stato proposto all’impresa appaltatrice di acquistare gli alloggi vacanti ad un prezzo vantaggioso per poi rivenderli, sempre a prezzi che rispettano i requisiti della 167, a persone aventi i requisiti idonei. Con questa soluzione si risolverebbero i problemi per l’accesso al mutuo in quanto l’impresa farebbe da garante per gli alloggi vacanti.
La mia domande è: può un impresa edile, quindi un soggetto giuridico, prenotare degli alloggi in cooperativa con l’impegno di rivenderli a persone con i requisiti previsti da convenzione? Lo scopo mutualistico viene rispettato?

Risposta al quesito:
Nel caso di specie, l’impresa potrebbe entrare in gioco, ma occorre modificare la convenzione stipulata con il Comune.