Cooperative: casi e soluzioni

Quesito del 17/12/2017

Sono il Presidente di una cooperativa edilizia a proprietà indivisa, abbiamo deciso di modificare il nostro statuto, per consentirci di assegnare ai nostri soci, appena possibile, l’appartamento in proprietà individuale. Quale maggioranza occorre per la modifica?

Risposta al quesito:
Se la Cooperativa ha fruito di finanziamento pubblico, la trasformazione da proprietà indivisa a proprietà divisa è consentita a norma della Legge n. 179 /1992, detta Legge Botta.
La predetta normativa, tra l’altro, statuisce che il quorum minimo dell’assemblea non può essere inferiore al 60% dei soci assegnatari.
Se la Cooperativa non è vincolata dal finanziamento pubblico, in tal caso si applicano le maggioranze previste per le assemblee straordinarie (più del 50% dei soci in prima convocazione; più di 1/3 dei soci e 2/3 dei voti dei presenti in seconda convocazione), se lo Statuto non prevede limiti più elevati.

Quesito del 15/12/2017

Sono socio e proprietario di una quota di una cooperativa edilizia. L’immobile è stato completato e assegnatomi con regolare rogito notarile nel 2014. Ho pagato completamente i costi di costruzione e assegnazione. La Cooperativa è in fase di liquidazione (il liquidatore è l’ex amministratore).
I bilanci, considerando crediti e debiti, sono in ordine. Malgrado ciò, per ulteriori vicissitudini (es. causa con il Comune), la cooperativa sta richiedendo un ulteriore impegno economico. Trovandomi indisponibile a operare questi ulteriori versamenti la Cooperativa mi ha fatto causa. Tralasciando il merito della causa, il punto nodale è che io desidererei recedere (!), restituendo l’immobile rogitato e rientrando in possesso del denaro versato. Però le uniche due possibilità di recesso, da Statuto, sono: A) per insolvenza (caso mio!), ma tale recesso è sub conditio (!) al subentro di un nuovo socio; B) trasferimento della mia quota ad altri, con medesimi requisiti (in questo caso, in teoria, la cooperativa si limiterebbe a vagliare o, con il silenzio assenso, trascrivere il trasferimento della quota ad altri).
Allo stato attuale ho tentato entrambe le vie senza ottenere nulla (se non il fatto che per ora abbiano desistito dal procedere nella causa).
A) Ho chiesto il recesso, sono trascorsi i 60 giorni senza risposta. Ma il recesso non è “completo”, in quanto potrò uscire e vantare il mio credito solo al subentro del nuovo socio (che la cooperativa non ha nemmeno cercato). Quindi, di fatto, temo di non aver ottenuto nulla…
B) ho trovato persone interessate all’acquisto / trasferimento della mia quota ma la cooperativa, banalmente, raffredda chi già nutre delle perplessità. Per dirla in due parole, mi fa “fuggire” gli acquirenti che, seppure interessati, prima di acquistare le quote di una cooperativa, vorrebbero delucidazioni e l’accesso agli atti della stessa. L’ostruzionismo della cooperativa non è dimostrabile. Allo stato attuale ho solo una decina di raccomandate alle quali non ho ricevuto risposta come unici elementi attestanti la scarsa correttezza/collaborazione della Cooperativa.
Riassumendo: mi fanno causa perché non posso dare di più ma non mi fanno uscire, continuando a tenermi “prigioniero”.
Potrei fargli causa ma temo un esisto incerto: alla fine il mio recesso non ha avuto luogo per mancanza del socio ed il trasferimento non ha avuto luogo per apparente mancanza di concretezza degli acquirenti che non vogliono comprare (diciamo che, come suol dire, acquisterebbero la “gatta nel sacco”, giusto un pazzo entrerebbe in una cooperativa senza aver visionato nulla).
Ho anche tentato la via della “diffida ad adempiere” in raccomandata (per alcuni obblighi contrattuali -non importantissimi- contenuti nei due contratti: di prenotazione e rogito notarile), con l’intento di risoluzione di questi due contratti. La Coop non ha risposto e un paio di avvocati mi hanno spiegato che tale diffida non è efficace in questo caso. Capisco lo scopo mutualistico e la solidarietà ma qui io sono obbligato ad essere solidale con un “nemico”, a mie spese?
La ringrazio per i chiarimenti e l’inquadramento che vorrà fornirmi in questa sede.

Risposta al quesito:
C’è molta confusione e occorre, innanzitutto, mettere un poco di ordine.
Se il socio ha acquistato l’immobile ciò vuol dire che è pieno proprietario e, pertanto, ne può disporre al meglio.
E’ però probabile che nel rogito la Cooperativa abbia effettuato la riserva di prezzo in ordine ai costi del terreno (causa con il Comune?) non ancora definiti e per i quali il socio assegnatario si è obbligato alla rifusione.
Vi sono, poi, i costi di gestione della Cooperativa sino alla sua estinzione, a cui il socio assegnatario è obbligato pro quota.
Nell’ottica che precede, non ha senso parlare di subentro di altro socio, in quanto l’immobile è già nella proprietà del socio e, dunque, rispetto allo stesso la Cooperativa non ha più alcun dominio e non potrebbe trasferirlo al subentrante.
Esiste, viceversa, il credito della Cooperativa verso il socio assegnatario, ciò in ragione del residuo prezzo (da verificare!) di assegnazione dell’alloggio, presumibilmente per il prezzo del terreno; nonché le spese generali, a cui il socio assegnatario è obbligato pro quota sino all’estinzione della Società.
In ordine alla domanda di recesso, essa deve essere riscontrata dal CdA e, in caso di rigetto, il socio deve opporre la delibera nei trenta giorni successivi alla notifica, enunciando le sue ragioni di fatto e di diritto; nel caso in cui il CdA non riscontri la domanda di recesso, essa deve intendersi accolta. In quest’ultimo caso il socio avrebbe il vantaggio di potersi esonerare esclusivamente delle spese generali di gestione.

Quesito del 14/12/2017

Sono socio di una cooperativa edilizia. Nel momento in cui sono subentrato l’immobile a me assegnato era parzialmente realizzato e i lavori erano sospesi.
L’impresa, visto che non rispondeva all’invito di riprendere i lavori, venne sostituita da altra società. Al momento della sostituzione venne redatto dalla direzione lavori uno stato di consistenza descrittivo e una liberatoria che venne firmata dall’impresa uscente.
Con la ripresa dei lavori l’impresa edile subentrante rilevò diversi errori costruttivi e difformità rispetto al capitolato. In esito a ciò la direzione lavori ha redatto una relazione con annesse fotografie chiedendo all’impresa uscente di provvedere. Tra le problematiche rilevate vi erano infiltrazioni dal terrazzo e il carotaggio dello stesso evidenziò la mancanza della copertura termica.
Trascorsi più di 90 giorni, dovendo procedere con i lavori e avendo ravvisato tra i vizi la mancata copertura termica del terrazzo ho, a mezzo pec, informato la cooperativa e la direzione lavori che avrei intrapreso a mie spese il rifacimento del solaio e di altre problematiche ritenendo indenne per il momento la cooperativa. Tutti i pagamenti sono stati fatti con bonifico. La cooperativa e la direzione lavori alla mia comunicazione non ha fatto seguire alcuna indicazione. Ad oggi siamo pronti per effettuare i rogiti.
Posso recuperare i costi maggiori da me sopportati. Vi è una responsabilità?

Risposta al quesito:
Occorre, innanzitutto, rilevare che, nel caso di specie vi è certamente la responsabilità dell’impresa originaria , ma anche del Direttore dei Lavori, obbligato a vigilarne l’esecuzione.
Ciò posto, occorre verificare se sussistano anche le responsabilità dell’impresa subentrante, la quale ha accettato l’appalto dopo avere controllato le opere (a tal fine occorre esaminare i contratto di appalto).
Occorre, infine, esaminare il rapporto che si è instaurato tra il socio e la Cooperativa in ordine ai costi dal primo sostenuti; in particolare se i versamenti del socio sono stati eseguiti in favore della Cooperativa, la quale ha gestito i lavori, in tal caso tutti i versamenti devono essere conteggiati nel prezzo e, per la parte ad esso esuberante, vanno rimborsati al socio assegnatario.
I vizi e difetti costruttivi, infatti, devono essere sopportati dalla Cooperativa (intera compagine sociale) la quale si deve tutelare verso i soggetti responsabili (impresa e Direttore dei Lavori).
Se la tutela non è eseguita o non è più eseguibile, dei relativi danni rispondono gli amministratori per la mancata diligenza nell’attuazione del mandato loro conferito.

 

Quesito del 13/12/2017

Sono socio di una cooperativa edilizia (a fondi agevolati dalla Regione siciliana ) composta da dodici alloggi che per regola sui finanziamenti non può superare i 110 mq. Mi è capitato di chiedere una visura catastale dei Sub della nostra particella, ed ho notato che otto alloggi hanno una rendita catastale di euro 464,81 (categoria A/2), mentre gli ultimi piani risulta un valore di rendita catastale di euro 542,28.
La domanda che mi pongo, ma i valori dei singoli alloggi non dovrebbero essere tutti uguali? Quindi avere, ognuno dei dodici, lo stesso valore?

Risposta al quesito:
La rendita catastale è un indice fiscale che varia in ragione di diversi parametri, tra cui il più eminente è quello della superficie abitabile. Da una visura catastale si possono rilevare le diverse superfici degli alloggi e nel caso esse siano uguali occorrerebbe verificare gli altri parametri dichiarati in sede di catastazione.

Quesito dell’11/12/2017

Sono un socio assegnatario di cooperativa che è in stato di LCA. Il commissario liquidatore chiede che l’immobile che abito (non ho reddito e non ho dove abitare , essendo disoccupato) deve essere rilasciato tra 15 gg perché a suo dire essendo abitato non può essere facilmente venduto all’asta. Premetto pure che una prima volta mi ha chiesto il rilascio, ma mi ha fatto sottoscrivere a verbale che mi impegnavo ad acquistare prima del prossimo accesso e termine per il rilascio, concedendomi tre mesi per trovare la liquidità necessaria per acquistare l’immobile.
Premetto pure che mi ha anche fatto firmare che le somme giá a suo tempo da me versate quale acconto pari a 20.000 euro ed ammesse al passivo del procedimento di liquidazione, al chirografo, non possono essere compensate nel caso di acquisto.
Chiedo se esiste una tutela per l’assegnatario in tali casi, quantomeno per continuare ad abitare l’immobile, e quali azioni posso esperire nel caso in cui a suo tempo non è stata rilasciata la fideiussione per futura costruzione. E, comunque, se esistono ulteriori rimedi.

Risposta al quesito:
Ai sensi dell’art. 72 della legge fallimentare il Liquidatore può sciogliersi dal contratto di prenotazione dell’alloggio; in tal caso il socio diventa creditore vero la Procedura delle somme versate a titolo di anticipazione sul prezzo di assegnazione e perde ogni diritto sull’alloggio.
Nel caso di specie sembra che il Liquidatore, in un primo tempo non si sia sciolto dal contratto e lo abbia integrato con nuove convenzioni inerenti i tempi e le modalità di pagamento del prezzo.
Se il socio non ha rispettato le predette convenzioni, egli stesso non ha alcun titolo per occupare l’alloggio.
Il Liquidatore può dare corso al giudizio ordinario per il rilascio dell’immobile e il risarcimento del danno, ma può anche ottenere un sequestro giudiziario che accelererebbe i tempi dello spossessamento dell’immobile medesimo.

 

Quesito del 07/12/2017

Sono socio di una cooperativa edilizia che ha realizzato 12 alloggi di cui 6 ubicati a piano terra con ingressi indipendenti e 6 dislocati su piani secondo e terzo.
Per sanare degli abusi edilizi realizzati nel corso degli anni, non avendo mai ottenuto l’agibilità, il Comune ha imposto l’installazione dell’ascensore.
Il consiglio di amministrazione ha proposto la ripartizione delle spese secondo le tabelle millesimali comportanti, su un importo di euro 28.000, 300 euro per i 6 soci degli alloggi dislocati a piano terra e circa 4.500 per i restanti soci (cifre approssimative) per evidenziare la differenza notevole della ripartizione.
Lo scrivente sostiene, invece, che la suddetta ripartizione deve essere effettuata in parti uguali, visto che trattasi di una sanatoria.

Risposta al quesito:
Nelle Cooperative edilizie vige il principio della parità di trattamento dei soci, sicché ciascuno di loro deve versare il corrispettivo in proporzione alla prestazione mutualistica ricevuta, in modo che nessuno abbia un vantaggio economico a discapito di altri.
Nel caso di specie, il CdA ha proposto la ripartizione delle spese di installazione degli ascensori in conformità alle tabelle millesimali, che dovrebbero rispettare della destinazione d’uso del bene e del maggiore vantaggio di alcuni fruitori rispetto ad altri.
Se nei fatti, il parametro utilizzato dal CdA rispetta il principio della proporzionalità dei costi all’entità della prestazione mutualistica ricevuta da ciascun socio, in tal caso l’operato degli amministratori sembra corretto.
Il problema della “sanatoria” non appare comprensibile, posto che la prescrizione del Comune nulla toglie e nulla aggiunge alla metodologia di ripartizione dei costi in proporzione alla prestazione effettivamente ricevuta.