Cooperative: casi e soluzioni

Quesito dell’11/07/2017

Premessa: in data 23 marzo invio dimissioni da socio cooperativa edificatrice a mezzo PEC in questo modo: “Buongiorno, la presente per rassegnare le mie dimissioni da socio della cooperativa, e contestualmente richiedere la restituzione della mia quota associativa. Oltremodo dovranno essere cancellati dai vostri registri i miei dati sensibili non più necessari alla posizione di socio, e il mio indirizzo email dovrà essere cancellato dalla mailing-list di convocazione annuale all’assemblea di bilancio. Rimango in attesa di un vostro riscontro e della convocazione in vostra sede per ricevere i miei documenti cartacei a voi non più necessari, per incassare la mia quota associativa, e per firmare le ricevute che certifichino le mie dimissioni da socio. Distinti saluti”
Volevo sapere se le dimissioni scritte in questo modo possono essere accolte come volontà di recesso. Ed inoltre, non avendo la cooperativa risposto entro i 60 gg, se posso ipotizzare quanto segue per citare la cooperativa in caso di non accoglimento della mia volontà di recesso.
1) Ho dato le dimissioni in data 23 marzo; 2) la cooperativa non ha risposto entro 60gg, di fatto accogliendo per silenzio assenso in data 23 marzo i presupposti del mio recesso (le mie dimissioni), pur senza darmene atto per iscritto. 3) Essendo nulli i rapporti mutualistici perché ho rogitato a novembre del 2011 con cessione di immobile in diritto di proprietà, non è necessario attendere la chiusura dell’esercizio in corso (luglio 2017) affinché il recesso abbia effetto, pertanto il recesso (dimissioni) ha effetto sul rapporto sociale (il solo in essere nel mio caso) con data 23 marzo, ovvero quando la cooperativa ha accolto per silenzio assenso i presupposti del mio recesso (dimissioni).
Attendo Sua valutazione per intraprendere azioni.

Risposta al quesito:
Occorre preliminarmente verificare se il rogito notarile di assegnazione dell’alloggio contenga qualche specifica clausola inerente all’obbligo di provvedere alle spese necessarie alla estinzione della Società.
In caso affermativo non sembra rilevare la qualità di socio rispetto all’obbligo di cui sopra.
Occorre, inoltre, verificare se la Cooperativa abbia raggiunto definitivamente lo scopo sociale ultimando e assegnando gli alloggi a tutti i soci ovvero se prosegua l’attività sociale con altri programmi costruttivi.
In quest’ultimo caso appare legittimo il recesso e significativo il silenzio degli amministratori, mentre nel caso inverso occorre approfondire altre circostanze di fatto e, comunque, si deve osservare che in giurisprudenza non è pacifico il diritto del socio di esimersi dai versamenti per le spese di Liquidazione della Società ricorrendo al recesso anticipato.
In ogni caso, non sembra utile per il socio anticipare i tempi e dare corso all’azione giudiziaria, anziché aspettare l’eventuale iniziativa della Cooperativa.

Quesito del 10/07/2017

Sono socio di una cooperativa con frazionamento mutuo Regione avvenuto da tempo e delibera liquidazione mai attuata però.
La cooperativa ha emesso decreto ingiuntivo nei miei confronti. Ho inviato lettera di recesso legale in quanto prevista da statuto la non trasferibilità quote. Mi è stato risposto che fin tanto che permane il debito non è possibile dare seguito al recesso.
È così? Le due cose sono legate necessariamente? Vorrei proteggermi da ulteriori arbitrarie richieste di esborsi. Una volta pagato eventualmente sono tenuti a procedere? Essendo stati assegnati gli immobili cosa comporta un eventuale recesso?

Risposta al quesito:
Nelle Cooperative edilizie l’assegnazione definitiva dell’alloggio sociale estingue il rapporto mutualistico (contrattuale a prestazioni corrispettive: pagamento del prezzo e assegnazione dell’alloggio), ma lascia integro il rapporto sociale.
Alla luce di quanto precede il socio assegnatario resta obbligato al versamento delle spese generali sino alla estinzione della Società.
Occorre, tuttavia, verificare se, raggiunto lo scopo sociale, la Cooperativa necessita di ulteriori attività ad esso connesse ovvero possa essere messa in liquidazione volontaria.
Se ricorrono i presupposti di quest’ultima ipotesi, occorre seguire la procedura dettata dal codice civile e dallo Statuto, sicché gli amministratori devono convocare l’assemblea straordinaria innanzi al notaio per la messa in liquidazione volontaria della Cooperativa.
Se sussistono ritardi e/o violazioni di legge, i soci possono recedere, anche in deroga alle disposizioni Statutarie.
Occorre, pertanto, verificare se sussistono le inadempienze degli amministratori e della stessa assemblea, accertate le quali il socio può notificare la propria volontà di recesso che, se rigettata dal consiglio di amministrazione, può essere opposta innanzi al Tribunale con atto adeguatamente motivato e probatoriamente supportato.

Quesito del 10/07/2017

Sono una socia di una Coop. edilizia in presenza di un Liquidatore fallimentare ed ho precedentemente versato 12.000,00 € alla stessa Coop.
Il liquidatore, dopo un’assemblea ordinaria con parere unanime dei presenti (senza la presenza della sottoscritta), mi richiede, tramite lett. racc. A/R, un versamento di 300,00 € per eventuali spese legali al fine di ottenere indietro da un privato una quota, precedentemente pagata dalla Coop. e dalla sottoscritta, relativa ad un terreno in cui dovevano essere effettuate delle costruzioni ma che invece non è stato possibile realizzare.
Preciso che attualmente la Coop. non ha nessun fondo capitale da ridistribuire e che, quindi, questo eventuale costo/restituzione del terreno da parte del privato rappresenterebbe l’unica fonte di introito da ridistribuire.
Il sottoscritto non ha intenzione di versare la quota come fondo per spesa legale (300,00 €) e, quindi, sono gentilmente a chiedere:
1. a quali provvedimenti andrei incontro da parte del Liquidatore nei miei confronti?
2. se la causa avesse esito positivo per la Coop. ed io non ho versato le spese legali, l’eventuale restituzione di una quota parte della somma versata negli anni passati di 12.000,00 € è sostanzialmente persa del tutto?

Risposta al quesito:
Occorre distinguere tra la Procedura di Liquidazione volontaria e la Procedura di Liquidazione Coatta Amministrativa.
Nel primo caso si tratta della fase finale della Cooperativa, nel corso della quale permangono tutte le regole precedenti, tranne la presenza degli amministratori, sostituiti dal Liquidatore.
Quest’ultimo, nominato a seguito di un’assemblea straordinaria innanzi al notaio, ha l’obbligo di liquidare le attività e le passività sociali ed è sottoposto alla volontà dell’assemblea, che rimane l’organo determinante per la gestione sociale.
La Liquidazione coatta amministrativa, viceversa, è una Procedura concorsuale disposta dall’Autorità Amministrativa di Vigilanza (MISE o Assessorato nelle Regioni a Statuto Speciale), che ne controlla lo svolgimento secondo la disciplina della Legge Fallimentare e della Legge speciale.
A seguito della messa in Liquidazione Coatta Amministrativa tutti gli organi sociali, non esclusa l’Assemblea, sono sciolti per Legge.
Il Liquidatore nominato dall’Autorità di Vigilanza ha l’obbligo di richiedere al Tribunale competente la declaratoria di insolvenza nel caso di debiti sociali (anche verso ex soci) non estinguibili per mancanza di patrimonio.
A seguito della sentenza di insolvenza, non sussistendo fondi liquidi, il Liquidatore può richiedere al Tribunale Fallimentare l’ammissione della Procedura al patrocino a spese dello Stato, sicché può dare corso ai giudizi necessari per il recupero delle attività.
Nel caso di specie, quindi, occorre preventivamente accertare la qualificazione della Liquidazione, in quanto se essa è volontaria i soci sono obbligati ad eseguire i deliberati sociali, ivi compresi quelli che impongono versamenti per spese generali; nel caso di Liquidazione coatta i soci sono dei creditori non obbligati ad alcun versamento in favore della Liquidatela.

Quesito dell’08/07/2017

Siamo soci di una Cooperativa a proprietà indivisa. Sono da poco terminati i lavori di ristrutturazione straordinaria dell’immobile (costruito nel 1983-di cui stiamo ancora pagando il rifacimento del tetto avvenuto dopo 10 anni dalla costruzione) con un costo di circa 600.000,00 euro per l’immobile e di ca euro 300.000,00 per la sostituzione degli infissi.
La Coop in conseguenza di questi lavori ha aumentato di ca. 200,00 euro trimestrali il canone di godimento (canone che partiva nel 1983 da euro 250,00 circa trimestrale sino ad arrivare ad oggi a ca.780,00 euro con l’aumento. Molte famiglie sono in difficoltà economiche perchè detentrici della sola pensione.
Le chiediamo gentilmente, se è giusto un aumento così alto (totale affitto trimestrale con le spese 1700,00) e se la Cooperativa non avrebbe potuto fruire della detrazione fiscale per le spese di ristrutturazione, o quanto meno per quelle relative agli infissi e quindi abbassare l’onere agli inquilini. Soprattutto considerando che l’immobile costato euro 2.000.000,00 oggi è valutato 3.500.000,00 e quindi strapagato con il canone di godimento dal 1983 ad oggi (48 alloggi).

Risposta al quesito:
Occorre, innanzitutto, verificare lo Statuto  sociale e l’eventuale regolamento, per comprendere meglio il meccanismo amministrativo della Cooperativa.
In linea generale, infatti, le Cooperative a proprietà indivisa possono richiedere ai soci di versare quanto necessario per la costruzione degli edifici, mentre nella fase successiva possono richiedere esclusivamente le spese generali di amministrazione e le eventuali spese di manutenzione degli immobili.
Successivamente alla verifica che precede, dunque, è necessario controllare i bilanci sociali per riscontrare la correttezza degli impieghi finanziari, in mancanza della quale sarebbero illegittime le richieste di versamenti sociali.
Conclusivamente, la Cooperativa è basata sulla volontà dei soci, i quali hanno il diritto dovere di manifestarla anche togliendo la fiducia agli amministratori inadempienti.
Qualora non si raggiunga la maggioranza, le minoranze dei soci, dissenzienti con l’operato degli amministratori, possono tutelarsi innanzi al Giudice ordinario ovvero in sede amministrativa (vigilanza pubblica), previa individuazione delle predette inadempienze mediante le verifiche e i controlli che precedono.

Quesito del 07/07/2017

La voglio ringraziare per la risposta al quesito che Le ho inviato il 27.06.2017. Comunque ieri sera noi soci siamo andati in assemblea, che non si svolta perchè a loro dire mancavano tutti i soci, alla fine siamo rimasti in 15 con tre morosi cioè votanti 12 (noi siamo 6).
Abbiamo chiesto quali erano le modifiche che volevano apportare allo statuto (visto che la cooperativa è in liquidazione volontaria non ci sembrava il caso di cambiare niente), loro ci hanno risposto che vogliono fare una S.r.l. per risparmiare la spesa per quanto riguarda gli organi di controllo. In più vogliono cambiare alcuni articoli non specificati (a loro dire vecchi) che gli sono stati ravvisati dal Mise pena la cancellazione dall’Albo delle Cooperative.
La domanda sorge spontanea: ma se loro vogliono fare una S.r.l. che motivo c’è di cambiare articoli per non essere cancellati dall’albo?

Risposta al quesito:
Le Cooperative sono in via ordinaria delle SPA, con la conseguenza che ad esse si applicano le relative normative in quanto compatibili.
La predetta regola, tuttavia, è derogabile e, pertanto, le Cooperative possono scegliere di essere costituite come SRL con l’applicazione di normative più semplici, tra cui quella inerente alla mancata istituzione Sindacale.
Nel caso di specie, quindi, la modifica sembra dettata da lodevoli esigenze di risparmio, a meno che non nasconda l’intento di evitare un organo di controllo del Consiglio di amministrazione.
Per quanto riguarda le altre modifiche, sarebbe opportuno che i soci interessati richiedano agli amministratori il verbale di revisione e/o di ispezione straordinaria, per verificare quali prescrizioni ha imposto il MISE e le relative ragioni.
Dalla predetta documentazione si potrebbero ricavare informazioni utilissime, indipendentemente dalle programmate modifiche statutarie.

Quesito del 06/07/2017

Siamo soci di Coop. edilizia con appartamenti già assegnati tranne due (soci dimissionari) e 8 locali commerciali ancora in capo alla Coop. Su questi 10 immobili ci sono mutui con rate insolute per mancanza fondi nelle casse della Coop.
La Banca sicuramente si rivarrà su detti immobili ma se il loro valore non copre l’intero debito la Banca può rivalersi sui singoli soci già proprietari? Alcuni hanno anche firmato la fideiussione personale pro quota per far ottenere il mutuo edilizio alla Coop., cosa potrebbe accadere a questi ultimi?

Risposta al quesito:
La banca non può rivalersi nei confronti dei soci assegnatari e/o anche solo prenotatari se non per la quota di mutuo dagli stessi convenuta con la Cooperativa (anche in assenza della Banca).
Se ciò dovesse accadere in base all’attivazione dell’ipoteca indivisa, la pretesa della Banca sarebbe illegittima e i soci interessati possono tutelarsi giudiziariamente.
Se tuttavia i soci hanno rilasciato la fideiussione, in tal caso non possono sottrarsi al pagamento del debito sociale in ragione del contratto di garanzia, almeno che esso contratto fosse invalido.
Per verificare la nullità o annullabilità del contratto di fideiussione è necessario esaminare la relativa documentazione.