Cooperative: casi e soluzioni

Quesito del 27/02/2017

Sono socio di una cooperativa edilizia a proprietà divisa. Nel 2008 ho firmato l’atto di assegnazione dell’immobile di cui avevo già ottenuto il possesso. Da quel momento in poi la mia qualifica di socio è diventata meramente formale dato che non sono mai stato interpellato per alcuna questione dalla cooperativa, tanto meno per l’approvazione dei bilanci. Nel 2014 ho versato, su richiesta della società, € 400,00 a titolo di spese per ottenere l’agibilità (a tutt’oggi non ancora ottenuta ostando a ciò, secondo il dirigente comunale, la pendenza di cause di esproprio).
Pochi giorni fa ricevo una nuova richiesta di versamento di € 10.000 a titolo di maggiori oneri derivanti dall’attuazione del piano di zona, in particolare opere di urbanizzazione primaria e secondaria asseritamente completate e consegnate al Comune e da quest’ultimo collaudate. Nella raccomandata ricevuta non c’è alcun dettaglio delle opere compiute, delle spese sostenute e delle modalità di riparto (trattandosi peraltro di Associazione temporanea di imprese la cui capogruppo è la società cooperativa di cui faccio parte).
Nella predetta raccomandata viene unicamente richiamata la clausola del contratto di assegnazione da me sottoscritto in cui mi impegno a rifondere alla società cooperativa, in proporzione a quanto ricevuto in assegnazione, gli oneri e i costi tutti assunti dalla Cooperativa nei confronti del Comune con la Convenzione.
E’ corretto un comportamento di tal fatta? Come posso tutelarmi onde pagare il giusto, oltre a richiedere alla società il quadro economico e il computo metrico delle opere compiute?

Risposta al quesito:
Occorre distinguere due aspetti, l’uno riguardante la regolare esecuzione degli obblighi di cui alla convenzione stipulata con il Comune, l’altro relativo alle modalità di gestione della Cooperativa.
Il primo aspetto impone di considerare che l’inosservanza degli obblighi convenzionali comporta gravi sanzioni che si riversano obbiettivamente sugli alloggi e, quindi, sui singoli assegnatari (basti pensare alle certificazioni comunali di conformità agibilità ecc, ma anche alla revoca della concessione).
Alla luce di quanto precede, gli assegnatari hanno interesse alla corretta esecuzione dei predetti obblighi e, pertanto, devono adempiere agli adempimenti (versamenti oneri, esecuzione opere etc…).
L’altro aspetto inerisce alla correttezza della gestione da parte degli amministratori, i quali, sono obbligati, innanzitutto a redigere i bilanci sociali e sottoporli all’approvazione dei soci.
Questi ultimi, dunque, devono verificare dai bilanci sociali la regolarità degli impieghi finanziari e, rilevando inadempienze degli amministratori possono convenirli in giudizio con l’azione di responsabilità.
La mancata convocazione del socio all’assemblea di approvazione dei bilanci consente l’impugnativa per nullità, con azione da proporsi nei cinque anni successivi alla deliberazione.
La predetta impugnativa potrebbe essere necessaria per contestare alcune spese , che altrimenti si consoliderebbero senza alcuna possibilità di contestazione.

Quesito del 27/02/2017

Sono un socio assegnatario di una cooperativa edilizia a.r.l. a proprietà divisa. La società cooperativa stipulò diversi anni fa un contratto di utenza idrica in forza del quale fu installato un unico contatore comune a tutte le abitazioni della lottizzazione costruita dalla cooperativa. I consumi fatturati dall’ente gestore del servizio idrico non sono mai stati pagati nè dalla società nè dai singoli soci in quanto mai ripartiti ed è pertanto maturato un cospicuo debito che ha comportato l’emissione di un decreto ingiuntivo a favore dell’ente gestore del servizio idrico e contro la società cooperativa. Quest’ultima, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, ha chiamato in giudizio i singoli soci assegnatari.
I soci assegnatari possono essere ritenuti carenti di legittimazione passiva, non essendo parti del contratto stipulato dall’ente gestore del servizio idrico con la società cooperativa, trattandosi di soggetto giuridico distinto dai singoli soci?
Inoltre, qualora l’azione della società cooperativa verso i soci fosse qualificata di ingiustificato arricchimento non sarebbe carente del presupposto della diminuzione patrimoniale?
In buona sostanza la società cooperativa non dovrebbe prima pagare l’importo ingiunto e poi agire con l’azione di ingiustificato arricchimento?

Risposta al quesito:
Il contratto di somministrazione non richiede la forma scritta ad substantiam, sicché, nel caso di specie non sembra doversi dubitare sul rapporto contrattuale instauratosi tra i soci e la Società, con la conseguenza che a quest’ultima è consentito di chiamare in garanzia  i medesimi soci fruitori del servizio.
Occorre, dunque, verificare se la Cooperativa ha risorse finanziarie accantonate per il consumo idrico e in  caso affermativo i soci potrebbero sostenere la preventiva escussione della Società.

Quesito del 25/02/2017

Sono socio di una coop. edilizia di 16 soci x 16 villini già assegnati, nel 2008 è stato concesso il mutuo da parte di una banca richiesto a S.A.L. nei vari anni a seguire.
Nel 2010 è stata fatta un assemblea dove è stato deliberato all’unanimità di pagare gli interessi passivi del mutuo a secondo di quanto usufruito per singola quota, quindi c’è chi ha versato di più e usufruito di meno mutuo, e chi ha versato di meno usufruendo di più mutuo (faccio presente che era stata fatta un assegnazione interna delle sedici quote approvata in assemblea, attraverso la firma su una mappa dove identificava la propria quota di appartenenza con relativi numeri e lettere). Alle case sono stati fatti dei lavori extra diversi da casa a casa.
Adesso c’è una socio Presidente e commercialista della cooperativa, che è anche moroso nei confronti della stessa, non avendo versato quanto dovuto, che afferma che gli interessi passivi del mutuo erogato dalla banca vanno divisi in parti uguali per tutte e 16 le case, e ogni socio deve accollarsi la parte di mutuo a lui assegnata di € 200.000,00 a quota su un totale di € 3.200.000,00 messo a disposizione dalla banca, e che gli aggiustamenti dei pagamenti tra socio e socio sono problemi interni.

Risposta al quesito:
Nelle Cooperative edilizie vige il principio della parità di trattamento tra i soci, nel senso che ciascuno di loro deve contribuire alla spese sociali ovvero pagare il corrispettivo della prestazione mutualistica in quota parte uguale per tutti.
Più specificatamente, in riferimento al rapporto mutualistico, ciascun socio deve versare in ragione quantitativa commisurata all’entità della prestazione.
Nel caso di specie, dunque, sembra che i soci assegnatari abbiano avuto accollato quantità di mutuo diverse l’una dall’altra, sicché agli stessi spetta di pagare gli interessi nella misura proporzionale alla effettiva quota di mutuo da ciascun socio accollata.
Se ci sono soci morosi, nei loro confronti si deve procedere con ingiunzione di pagamento, ma è possibile che nelle more della realizzazione monetaria si debba procedere al pagamento del debito per gli interessi scaduti richiesti dalla Banca. In tal caso i soci devono versare anche la quota dei morosi,  restando creditori per la quota in esubero e salvo il risarcimento del danno da far valere nei confronti dei morosi medesimi.
Se il presidente non procede la recupero delle somme (anche nei propri  confronti), egli stesso è esposto all’azione di responsabilità sociale per il risarcimento del danno procurato ai soci e alla Società.

Quesito del 23/02/2017

Siamo soci di una cooperativa edilizia che attualmente è in liquidazione avendo raggiunto l’oggetto sociale.
Vorremmo procedere alla chiusura della cooperativa, ma ci sono in corso 2 contenziosi (con il costruttore e con il Comune). Poiché sul conto corrente è disponibile un importo rilevante in quanto siamo stati beneficiari di un contributo della Regione è possibile procedere:
1) alla chiusura della Cooperativa approvando il bilancio finale di liquidazione indicando che i soci si accollano tutti i debiti eventualmente derivanti dalla perdita dei due contenziosi?
2) alla ripartizione dell’attivo ai soci e quindi della liquidità effettuando un piano di riparto?
Così facendo si potrebbe evitare di pagare per tanti anni, considerata la lungaggine dei contenziosi, dei costi di gestione che potrebbero soltanto consumare la liquidità presente, entrare in possesso della quota di riparto senza attendere il decorso delle cause e in ogni caso il socio sarebbe responsabile del pagamento in caso di perdita dei contenziosi.
Si precisa che non risultano debiti di natura tributaria e che i fornitori sono stati tutti pagati.
In caso affermativo ci sono indicazioni precise da seguire nel bilancio finale di liquidazione?

Risposta al quesito:
Il Liquidatore della Società deve ex lege provvedere al pagamento di tutti i debiti sociali e alla ripartizione dell’attivo, detratti gli oneri fiscali e i costi della procedura.
Se sussistono contenziosi giudiziari, aventi ad oggetto situazioni debitorie o creditorie il Liquidatore non può redigere alcun definitivo bilancio di liquidazione, stante l’incertezza dell’esito dei giudizi.
Se il Liquidatore procedesse egualmente al deposito di un bilancio finale, resterebbe esposto personalmente al pagamento degli eventuali debiti sociali residui.
Parimenti resterebbero esposti gli stessi soci, i quali hanno approvato il bilancio finale e hanno percepito la quota del residuo attivo.
Solamente nel caso  in cui le controparti accettassero espressamente la cessione dell’eventuale credito che potrebbe risultare in loro favore dall’esito dei giudizi in corso, in tal caso il Liquidatore potrebbe procedere alla redazione del Bilancio Finale, dando menzione di quanto concordato con le succitate controparti.
Queste ultime potrebbero avere interesse alla stipula dell’atto di consenso, soprattutto se ci fosse la solidarietà tra tutti i soci subentranti nell’obbligazione controversa.

Quesito del 19/02/2017

In una coop edilizia a proprietà indivisa, composta da due lotti fatti in anni differenti, con contributo Regione Lazio a fondo perduto e con locazione a termine di otto anni, il primo lotto scaduti nel 2012 gli otto anni, hanno fatto il rogito, sono diventati proprietari e usciti dalla cooperativa, tutto questo senza cambiare lo statuto per la proprietà divisa, perché il secondo lotto è ancora a proprietà indivisa.
E’ legale tutto ciò?

Risposta al quesito:
Se la Cooperativa ha ottenuto il contributo regionale con il vincolo della locazione per otto anni, appare consequenziale che lo Statuto prevedesse la proprietà divisa (altrimenti sembra improbabile l’emissione del provvedimento amministrativo agevolativo).
D’altra parte lo stesso notaio non avrebbe redatto l’atto, che sarebbe stato affetto da nullità in assenza della specifica previsione statutaria.

Quesito del 16/02/2017

Nel 2014 era in corso una ispezione a seguito di un esposto di 5 soci su 32 a prop. indivisa circa la illegittimità del procedimento di vendita di 27 alloggi su 32; durante l’ispezione gli atti di vendita sono stati formalizzati; le risultanze della ispezione dava ragione delle irregolarità e pertanto veniva proposto al ministero la nomina di un commissario (evidentemente il cda non ha ottemperato a quanto disposto dalla vigilanza), nel contempo i 27 soci divenuti proprietari si sono cancellati da soci essendo divenuti prop., consegnando la coop. ai cinque soci residuati nel mentre veniva nominato il commissario.
Dopo dodici mesi di commissariamento viene restituita la coop. a 5 soci e liquidato un compenso al commissario di 20.000 euro calcolato sulla base dei 32 originari. Chi dovrà pagare questo compenso?
Il commissario dice la coop., che ora sono 5 soci, e del resto non se ne importa nulla. Nonostante questo problema sia stato segnalato in corso di commissariamento dai 5 soci sia al ministero sia la commissario perché ne facesse conto nel preventivo di esercizio e provvedesse a far pagare chi di dovere quale costo di gestione dell’esercizio in corso.
Poi vedremo di chiedere un parere scritto su altri aspetti più complessi che si stanno rivelando.

Risposta al quesito:
Nelle Cooperative edilizie non sussiste il recesso automatico del socio il quale abbia ottenuto l’assegnazione dell’alloggio, anzi tutti i soci, ivi compresi gli assegnatari, hanno l’obbligo di contribuzione alle spese generali sin alla effettiva cessazione della Società.
Gli amministratori, tuttavia possono (per svariate ragioni) accogliere il recesso dei soci e, in tal caso, questi ultimi non hanno alcun obbligo di contribuzione.
Se, dunque, nel caso di specie il recesso dei soci è stato accettato e, quindi, si è realmente perfezionato, il debito della Cooperativa incombe al sodalizio composto dai soci rimasti in forza.
Va, tuttavia, osservato che la Cooperativa è una società a responsabilità limitata, sicché i soci, a meno che non vi sia un loro determinato diretto coinvolgimento (deliberati assembleari vincolanti), non rispondono personalmente dei debiti sociali.
Or, poiché sembra che le spese del Commissario non riguardino l’estinzione della Società, potrebbe anche accadere che i soci rimasti (ovvero tutti i soci) rifiutino di versare la loro quota di debito e, in tal caso la Cooperativa verrebbe posta in Liquidazione Coatta Amministrativa.
La Liquidatela potrebbe, quindi, agire esclusivamente con l’azione di responsabilità verso ex amministratori e sindaci, ove sussistano loro inadempienze (ma anche nei confronti dei soci, solamente se sussistano specifici obblighi nascenti da contratti, ad esempio di assegnazione, ovvero da deliberati assembleari).