Cooperative: casi e soluzioni

Quesito del 02/03/2016

Sono socio di una cooperativa ed il mio quesito riguarda il canone di godimento dell’abitazione. La cooperativa è in liquidazione amministrativa coatta e c’è già un liquidatore.
Volevo sapere per cortesia cosa succede col mio contratto di godimento?
Se dovessero vendere e io non ho intenzione di acquistare quanto tempo e proposte avrò per liberare la casa?
E se possono sfrattarmi anche se pago regolarmente? A chi pago il canone adesso?

Risposta al quesito:
L’art. 72 del RD 267/42 (Legge Fallimentare) consente al curatore di sciogliersi dai contratti in corso e tale disciplina è applicabile anche alla Liquidazione Coatta Amministrativa delle Cooperative.
Occorre, quindi, verificare se il Liquidatore, come è prevedibile, si sciolga dal contratto di assegnazione in uso.
In tale ultimo caso, lo scioglimento comporta che il socio assegnatario viene ammesso al passivo della procedura per gli eventuali crediti rappresentati dalle anticipazioni sul costo di costruzione, mentre l’alloggio rientra nella disponibilità della Liquidatela che lo venderà all’asta per la realizzazione dell’attivo.
In ordine al termine di rilascio dell’immobile, in teoria esso dovrebbe conseguire la richiesta del Commissario Liquidatore, ma in pratica esistono in via di fatto tempi più lunghi, normalmente commisurati alla effettiva vendita dell’immobile al terzo acquirente (salve eventuali pretese economiche per l’occupazione di fatto).
Quest’ultimo può esigere l’immediato rilascio dell’immobile.
Il socio può, comunque, proporre un concordato di liquidazione ovvero una transazione per ottenere la cessione della proprietà dell’alloggio.
Per entrambe le procedure occorre verificare la sussistenza dei presupposti di legge.

Quesito del 28/02/2016

Essendo socio d’una cooperativa edilizia riservata a forze militari il presidente della stessa occupante d’un alloggio mi propone se poteva interessarmi il suo alloggio occupato da circa 12 anni, in quanto lui aveva richiesto altro alloggio in nuovo stabile in fase di ultimazione sempre facente parte della cooperativa.
Sto per congedarmi e ritengo l’opportunità buona onde poter realizzare il mio sogno avere un alloggio, mi propone l’affare chiedendomi una somma pari a 130,000 euro quali somme già erogate dall’occupante, garantendomi a voce che nell’arco di ulteriori 3 anni avrei avuto la possibilità, visto la somma erogata e la differenza minima da lui prospettata poter procedere all’acquisto dell’alloggio.
La fiducia era massima era il presidente che mi proponeva l’affare (alto militare) oggi scopro che la Cooperativa è in situazione di non solvibilità per tutte una serie di atti di pessima gestione fatte dal precedente C.d.A..
L’attuale C.d.A. su parere d’un legale mi informa che l’ingente somma da me data all’ex presidente della cooperativa nonché socio e occupante dell’alloggio non la si può considerare perché i quattrini non sono stati versati nella cassa della Cooperativa ma li ha incassati presidente.
Ciò è avvenuto poiché egli mi presentò un conto di quanto avesse precedentemente versato, con scrittura privata.
Personalmente non intendo rimetterci il sudore d’una vita di lavoro, e spero che almeno il commissario liquidatore, consideri la cosa.
Alla fine ho delle possibilità di salvezza?

Risposta al quesito:
Da quanto succintamente esposto può senz’altro dedursi va affrontata l’ipotesi di un’azione giudiziaria in danno dell’ex presidente della Cooperativa, il quale ha percepito l’importo, nascondendo le reali condizioni della Società.
Occorre, in ogni caso, esaminare la documentazione e verificare le modalità con cui è stata effettuata l’ammissione nella Società.

Quesito del 26/02/2016

Spett. avvocato Cannavò, sono uno dei 5 soci su 30 che hanno accettato la locazione di 8 anni con patto di futura vendita di una cooperativa edilizia.
Sono trascorsi già 3 anni dalla consegna dell’alloggio, interamente pagato, ma il C.D.A. si ostina a non volerci fare un regolare contratto di locazione, mentre ha già provveduto a stipulare gli atti di proprietà per gli altri soci.
Questa grave inadempienza da parte del C.D.A. comporta il mancato rispetto della Convenzione stipulata col Comune. Dopo questa lunga attesa, non senza numerosi solleciti, ci siamo decisi a fare una denuncia al Comune, ma quest’ultimo, dopo quasi 1 anno dalla denuncia, sembra che voglia far passare altro tempo inutilmente, senza darci alcuna risposta.
Vorrei sapere se ci sono dei tempi stabiliti entro cui il Comune deve darci una risposta, oppure può prendersi tutto il tempo che gli pare?
Dopo aver letto i suoi preziosi consigli, abbiamo deciso di denunciare la questione anche al Ministero dello Sviluppo Economico Ispettorato Territoriale Puglia, chiedendo il commissariamento della cooperativa, ma anche in questo caso non abbiamo avuto ancora alcun riscontro.
Dobbiamo aspettare all’infinito, oppure possiamo rivolgerci a qualcun altro che possa intervenire al più presto?
Di inadempienze il C.D.A. ne ha commesse diverse, tra cui non ha pagato l’IMU sugli alloggi in locazione, ha accettato l’iscrizione anche di soci che non rispettavano i requisiti richiesti dal Bando del Comune. Anche a quest’ultimi ha permesso di stipulare gli atti di proprietà.
Se le nostre denunce non avranno alcun seguito, ci consiglia di chiamare in causa la cooperativa, oppure di denunciare il C.D.A. alle forze dell’ordine?
Noi siamo stanchi di subire questi soprusi e di aspettare invano che qualcuno intervenga. Inoltre vorrei sapere se le eventuali multe o danni causati dall’irregolare comportamento del C.D.A., dovranno essere pagate da tutti i soci della cooperativa o potremmo pretendere che vengano risarcite personalmente da chi ha commesso queste gravi inadempienze volutamente?
Lei come ci consiglia di procedere per ottenere al più presto un contratto di locazione, di cui abbiamo diritto?
Quando otterremo il contratto di locazione regolare, si potrebbe registrare con data retroattiva, per non perdere i 3 anni che sono già trascorsi, con morosità ovviamente a carico della cooperativa, oppure dobbiamo aspettare altri 8 anni da quando riusciremo ad ottenerlo?

Risposta al quesito:
Le inadempienze denunciate non hanno alcuna rilevanza penale e ,pertanto, appare inutile il ricorso alle “forze dell’ordine”.
E’ viceversa possibile intervenire in sede civilistica e amministrativa a tutela dei diritti dei soci.
Si può dare corso all’attività giudiziaria per  ottenere una sentenza sostitutiva del contratto locativo, valevole a tutti gli effetti ai fini del decorso degli otto anni.
Si può agire per i danni subiti sia nei confronti del CdA sia nei confronti della Cooperativa, a seconda se l’attività dannosa è stata posta in essere esclusivamente dagli amministratori ovvero sia stata avallata dall’assemblea.
Per le inadempienze, soprattutto di natura fiscale, rispondono gli amministratori, nei confronti dei quali può essere iniziata l’azione di responsabilità sociale.

Quesito del 26/02/2016

Un gruppo di giovani (9 persone) intende costituire una cooperativa di produzione, lavoro e servizi (sotto forma di SRL) la cui finalità è quella di favorire lo sviluppo locale.
I dubbi sono questi:
I soci possono rimanere semplicemente tali senza instaurare rapporto di lavoro (o per lo meno non subito)?
Consideri che non tutti svolgeranno lavoro “manuale”, ma alcuni apporteranno un altro tipo di know-how (creazione sito on line, redazione contratti di affitto, ecc). La prima attività che i medesimi si appresteranno a svolgere è quella di rilevazione di alcuni appartamenti locati nel Paese e gestione dei medesimi (affitto turistico).
E’ possibile farlo o è necessario avere caratteristiche specifiche (vedi intermediari immobiliari)?
Se invece, fosse costituita solo come cooperativa di servizi cambierebbe qualcosa? Potrebbe svolgere l’attività citata “liberamente”?

Risposta al quesito:
Nelle Cooperative di lavoro possono essere soci anche coloro che non svolgono momentaneamente alcuna prestazione lavorativa.
Lo Statuto di una cooperativa può avere scopi ampi e, pertanto, la Società può svolgere sia attività di sevizi che di lavoro manuale e/o altro.
La rilevazione degli immobili sul territorio non è riservata alla categoria degli intermediari immobiliari.

Quesito del 25/02/2016

In una coop edilizia che ha venduto tutti gli alloggi e pertinenze i proprietari hanno autoconvocato l’assemblea per la costituzione del condominio ex art 66. dd.aa.
Tuttavia benché la regolarità della convocazione e quorum costitutivi alcuni proprietari che non vi hanno partecipato hanno impugnato ritenendo che dovesse la Coop gestire i beni e dunque il presidente.
Si chiede se è sopraggiunto invece l’obbligo di costituzione avendo venduto tutti 24 alloggi e 30 pertinenze ed essendo i condomini 24 totali e quali possano essere i soli casi in cui ancora non giungeva l’obbligo di costituzione del Condominio.

Risposta al quesito:
Con l’assegnazione in proprietà degli alloggi, ancorché parziale, sorge ex lege il Condominio, a cui eventualmente partecipa la stessa Cooperativa, qualora proprietaria residuale di alcuni immobili.
Presumibilmente, gli opponenti si sono basati su disposizioni del TU n.1165/38 ormai superate e, comunque, non applicabili alla fattispecie in esame.

Quesito del 24/02/2016

Sono socia assegnataria di un alloggio di Cooperativa Edificatrice in proprietà indivisa a Milano, di  cui in passato sono anche stata presidente del CdA. La cooperativa possiede un unico stabile costruito nel 1910 e trattasi di una tipica casa di ringhiera concepita per e abitata da persone di reddito basso e medio.
Secondo lo Statuto della Cooperativa “il Consiglio di Amministrazione provvede, in conformità alla legge e allo Statuto, alla gestione della Cooperativa, di cui ha l’esclusiva competenza e responsabilità, per il miglior conseguimento dello scopo mutualistico e dell’oggetto sociale, compiendo tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione che non siano espressamente demandati all’Assemblea dalla legge o dallo Statuto”.
Il Regolamento interno della Cooperativa, sul tema delle spese per manutenzione ordinaria e straordinaria, prevede che: “Il Consiglio di Amministrazione, in caso di necessità, elabora con la collaborazione di Tecnici competenti, specifici piani di manutenzione straordinaria degli immobili che dovranno essere presentati ai soci Assegnatari in occasione di specifiche riunioni convocate dal CdA, per essere approvati con la maggioranza semplice dei presenti alla riunione stessa“.
Ora il CdA attualmente in carica ha deciso di propria iniziativa di procedere ad ingenti ed onerosi lavori di straordinaria manutenzione, comprendenti anche qualche innovazione, che ha presentato ai soci Assegnatari in una riunione informale e puramente informativa, non deliberativa.
Il corpo sociale è costituito da ca. 400 soci, di cui 102 sono assegnatari di alloggio e una sessantina prenotatari di alloggi in disponibilità futura.
L’ammontare dei lavori sfiora il milione di euro e per la copertura il CdA intende accendere un mutuo ventennale di ca. 800.000 euro. Va precisato che lo stabile è già gravato da un mutuo ipotecario che andrà ad estinguersi entro un paio d’anni, a suo tempo contratto per un piano di ampliamento dello stabile che ha portato alla costruzione di mansarde.
Per la copertura dei costi dei nuovi lavori che interessano esclusivamente le parti comuni dell’edificio e di cui uno solo (il rifacimento integrale dell’impianto elettrico) è unanimemente riconosciuto come necessario e improrogabile, il CdA intende rivalersi sui soci Assegnatari addebitando interamente ad essi l’onere, ripartito su base millesimale e con un piano di rientro ventennale.
Tale modalità risulterebbe molto onerosa per gli assegnatari la cui bolletta trimestrale comporta attualmente un canone di godimento basso e sicuramente inferiore ai livelli di mercato ma con una incidenza delle spese di valore quasi doppio. L’ulteriore addebito di spese comporterebbe un aumento di almeno il 50%  della voce “spese generali“.
Tale modalità è inoltre in contrasto con la prassi consolidatasi nel tempo per la quale la Società ha sempre compartecipato alle spese di manutenzioni straordinarie nella misura del 30 o 50% in funzione della tipologia e dell’onerosità dei lavori mentre la restante parte dei costi veniva recuperata dall’addebito ai soci assegnatari.
Un folto gruppo di assegnatari intende opporsi alla decisione del CdA così come è stata presentata e chiede:
1)  E’ nei poteri del CdA imporre agli assegnatari un tale faraonico piano di interventi di manutenzione straordinaria (con anche qualche innovazione) in  assenza di un voto favorevole (a maggioranza semplice) dei soci Assegnatari, come previsto dal Regolamento interno?
2)  Se no, la questione è eventualmente da porre al voto di tutta la platea dei soci oppure soltanto a quella dei soci assegnatari che sono gli unici su cui ricade l’onere di sostenere i costi?
Cioè chi ha potere deliberante nei casi specifici  di decisioni che riguardano i soli assegnatari?
3)  E’ corretto e legalmente sostenibile ripartire su base millesimale i costi di lavori che interessano esclusivamente le parti comuni ed esterne (come il cortile, i ballatoi, le scale, la facciata interna etc) e non interessano minimamente i singoli appartamenti?Trattandosi di proprietà indivisa, sembra non equo e non rispettoso del principio di eguaglianza dei soci il maggiore aggravio che ricadrebbe su chi abita appartamenti più ampi (trilocali vs. bilocali) che peraltro costituiscono solo il 15% degli alloggi presenti nello stabile. Gli appartamenti più grandi non traggono alcun beneficio o vantaggio specifico dai lavori previsti.
4)  Qualora il CdA si rifiutasse di porre in discussione il piano per ridimensionarlo secondo le reali necessità al fine di ridurre l’importo dei lavori e non volesse rivedere il criterio millesimale per l’attribuzione dei costi , quali strumenti e procedure statutari e legali possono essere utilizzati dai soci assegnatari dissenzienti rispetto al piano imposto dal CdA
a) per far valere le proprie richieste di revisione e ridefinizione?
b) per eventualmente sfiduciare il CdA?
Un ulteriore quesito: da circa un anno il CdA ha deciso la copertura del servizio di guardiania anche al pomeriggio, sempre su propria iniziativa e senza un parere espresso a maggioranza dagli assegnatari, assumendo come dipendente una persona e ripartendo i costi di tale prestazione su base millesimale.
Trattasi di spesa non necessaria e che costituisce innovazione, pertanto non è scorretta sia la decisione attuata che la ripartizione su base millesimale, data la natura del servizio (che è rivolto alle persone e sul quale la dimensione degli alloggi non ha alcuna rilevanza)?

 

Risposta al quesito:
Se i dati forniti sono corretti si può ritenere che:

  • Il CdA non può disporre spese di manutenzione che siano di competenza dell’Assemblea, secondo quanto previsto dal Regolamento, il cui contenuto ha natura contrattuale;
  • La delibera deve essere assunta in base al voto limitato esclusivamente ai soci interessati e, soprattutto, onerati della relativa spesa;
  • Le spese relative alla manutenzione delle parti comuni vanno ripartite in base al valore millesimale degli alloggi beneficiari;
  • L’attività illegittima del CdA può essere inibita in forza di un’azione giudiziaria, anche di tipo cautelare; l’azione può essere proposta anche per la convocazione coattiva di un’assemblea dei soci con all’odg la revoca del mandato agli amministratori;
  • Anche per la guardiania si può dare corso alle azioni che precedono.