Cooperative: casi e soluzioni

Quesito del 04/01/2022

Spett.le Studio Legale, anni fa ho dato le dimissioni dalla Cooperativa edilizia che non mi ha mai liquidato, ho chiesto al Tribunale il sequestro cautelativo dell’appartamento che mi era stato assegnato e che non ho mai abitato, il Tribunale ha accolto la mia richiesta e nella motivazione ha scritto che ho fatto bene a chiedere il sequestro dell’appartamento, perché la Cooperativa stava dismettendo tutto il patrimonio immobiliare, io mi sono tenuto le chiavi ma la Cooperativa le rivuole, a me sembra giusto tenerle finché non mi liquidano, come funziona?

Risposta al quesito:
La procedura di sequestro è cautelare rispetto al giudizio di merito, sicché ottenuto il provvedimento occorre eseguirlo e poi dare corso al giudizio di merito.
Da quanto esposto nel quesito nulla emerge in ordine alla predetta procedura e sembra che al provvedimento cautelare non siano seguiti la relativa esecuzione e il giudizio di merito.
Se così fosse sarebbe spiegabile la richiesta della Cooperativa di restituzione delle chiavi dell’alloggio assegnato provvisoriamente.
Occorre, pertanto, verificare l’effettivo stato della procedura di sequestro e l’attuale situazione giuridica del rapporto intercorrente tra il socio receduto e la Cooperativa, ponendo attenzione all’eventuale pretesa di quest’ultima in ordine alla detenzione dell’alloggio senza titolo.

Quesito del 03/01/2022

Egregio avvocato Cannavò, mi rivolgo a Lei con riferimento alla Sua cortese risposta del 7 Luglio 2019.
Ciascuno dei miei due figli ha prenotato un alloggio con garage in qualità di socio di una società cooperativa a r.l. a mutualità prevalente, facente parte di Legacoop, posta in Liquidazione coatta amministrativa con Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico in data 31 maggio 2016. Il rapporto mutualistico tra i soci e la Cooperativa si è concretizzato con la “domanda di assegnazione” (che individua, a mezzo di allegate planimetrie e capitolato d’appalto, la tipologia e le caratteristiche dell’alloggio e relativo garage, ne stabilisce il prezzo, le somme da versare in acconto e le relative scadenze) e con la specifica delibera del Consiglio di amministrazione della Cooperativa che “assegna gli alloggi ai soci prenotatari…, abitabili, con relativi accessori e box pertinenziale”.
Alcuni soci, tra i quali i miei figli, hanno versato consistenti acconti alle scadenze prestabilite, il cui importo complessivo è purtroppo superiore al valore del costruito, arrestatosi al grezzo del solaio di copertura del piano terreno, cioè a circa il 25% del totale. La Cooperativa ha emesso regolari fatture sugli acconti versati, applicando l’Iva al 4% per i benefici “prima casa”. Gli alloggi fanno parte del comparto C2 di edilizia convenzionata (33 alloggi) originato dal ridimensionamento di un Piano per l’Edilizia Economica e Popolare approvato dal Consiglio Comunale, che ha disposto di destinare parte della volumetria residua del P.E.E.P. ad edilizia convenzionata ai sensi degli artt. 7 e 8 della legge n.10/1977. Tale comparto ricade su area di proprietà della Cooperativa posta in LCA, circostanza prevista dall’art. 35, comma 11, della legge 865/1971.
I rapporti tra Comune e cooperativa sono regolamentati da un “atto unilaterale d’obbligo ai sensi degli artt. 17 e 18 D.P.R. 380/2001 (ex artt. 7 e 8 legge n.10/1977), sottoscritto dal presidente della cooperativa così come previsto dall’art.18 D.P.R. 380/2001, che ha recepito integralmente il contenuto della convenzione tipo per l’edilizia convenzionata approvata dai competenti organi comunali e regionali. Tale atto unilaterale d’obbligo, rogitato da un notaio, è stato regolarmente registrato e trascritto il 7 giugno 2011. Da notare che in esso si richiamano, pur genericamente, i soci, gli alloggi prenotati e gli acconti corrisposti, essendo tale atto prodotto “allo scopo di evitare ulteriori oneri finanziari ed iniziare nel contempo la edificazione del lotto C2, al fine di soddisfare le esigenze abitative dei soci che hanno prenotato gli alloggi e che hanno versato degli anticipi”.
I soci sono stati inseriti come creditori chirografari nello stato passivo. A tal proposito, è stato rappresentato al Commissario che i soci sono
“…assegnatari di immobili…in forza di rapporti tuttora pendenti…a cui si auspica la procedura voglia dare regolare esecuzione…”, per cui “non si comprende a che titolo siano stati inseriti nello stato passivo, quando, invece, attendono e chiedono l’esecuzione dei contratti in essere”.
E’ evidente che anche in questo caso, come Lei ha più volte specificato, l’esercizio del potere di scioglimento dai contratti da parte del Commissario causerebbe un grave danno economico ai soci con la totale perdita degli acconti versati. Tanto che i soci che hanno versato acconti più ingenti (12 sui 24 prenotatari) hanno l’interesse a dare esecuzione ai contratti e quindi a versare (pur con enormi sacrifici) il residuo saldo del prezzo convenuto nel 2009, anche se esso è superiore di almeno il 30% agli attuali valori di mercato. In proposito, è bene sottolineare che, a causa della prevalenza degli acconti corrisposti sullo stato di avanzamento dei lavori, l’importo a saldo dei prezzi convenuti non è sufficiente a coprire le spese per ultimare gli alloggi. Da qui la comprensibile difficoltà per il Commissario di dare esecuzione ai contratti in essere.
A tutt’oggi, il Commissario non ha dato inizio a procedure di liquidazione dei beni di proprietà della cooperativa in LCA.
Gentile avvocato, in merito a quanto sopra chiedo se a Suo parere l’avvenuta trascrizione dell’atto unilaterale d’obbligo, nel quale sono richiamate, pur in forma generica, le prenotazioni degli alloggi e gli acconti versati, può determinare per il Commissario il divieto di scioglimento dai contratti di cui al comma 8 dell’art.72 L.F., anche in considerazione del preminente interesse pubblico rappresentato dalla natura sociale dell’intervento ed alla luce della forma di tutela prevista dall’art. 47 della Costituzione nei confronti del promissario acquirente di immobile destinato ad abitazione principale.
Le chiedo, inoltre, se a Suo avviso ricorrano le condizioni per consentire la vendita del bene a trattativa privata ad un gruppo di soci che presentassero un’offerta irrevocabile di acquisto valutata accettabile, previa autorizzazione della Autorità di Vigilanza, o se, in caso di asta pubblica, il bando debba contenere forme di tutela per i soci “assegnatari”, prevedendo l’obbligo per l’acquirente di dare esecuzione ai contratti in essere e quindi di completare gli alloggi per i soci che ne facciano richiesta, dietro corresponsione dei saldi dei prezzi contrattuali.

Risposta al quesito:
In ragione della trascrizione dell’atto d’obbligo, contenente l’indicazione dei soci prenotatari, nonché in ragione delle disposizioni della Legge di Bilancio 2021, deve ritenersi impedito lo scioglimento dal contratto pendente da parte del Commissario Liquidatore.
Quanto precede viene ancora più avvalorato dalla circostanza che gli alloggi di cui trattasi costituiscono la prima casa per i soci prenotatari.
Nel caso rappresentato, tuttavia, insorge la problematica della mancata finitura delle opere, sicché, in linea generale deve ritenersi la sussistenza di due ipotesi solutorie:
la prima che il Commissario Liquidatore chieda e ottenga dall’Autorità tutoria (Ministero) l’autorizzazione all’esercizio provvisorio per il completamento delle opere, concordando con i prenotatari i versamenti da effettuare per la necessaria provvista finanziaria;
la seconda che il Commissario Liquidatore chieda e ottenga, sempre dall’Autorità tutoria (Ministero) l’autorizzazione per la cessione dei fabbricati nello stato di fatto in cui si trovano affinché i legittimi prenotatari possano provvedere al relativo completamento.
In tale seconda ipotesi, tuttavia, i prenotatari dovrebbero trovare l’accordo per costituire un’unica entità giuridica che possa gestire la cessione in blocco del complesso immobiliare.
In entrambe le ipotesi è necessaria la trattativa privata con il Commissario, senza trascurare in parallelo tutti i “mezzi di tutela” (ad es. ricorsi amministrativi all’Autorità tutoria ovvero azioni giudiziarie innanzi al Tribunale Fallimentare, funzionalmente competente).

Quesito del 27/12/2021

Sono socio di una Cooperativa edilizia per la realizzazione di box pertinenziali sotterranei. I box realizzati sono stati in parte rogitati ed in parte sono ancora in carico alla Cooperativa. Il mio box è stato rogitato. Il box però ha delle infiltrazioni evidenti di acqua.
Attraverso una scrittura privata la Cooperativa si è impegnata a riparare il box ma a distanza ormai di 8 anni non ha ancora provveduto.
Come posso esigere che tale riparazione venga effettuata?
Come posso proteggermi da una eventuale chiusura della Cooperativa?
Se l’insieme dei proprietari si costituisce in condominio posso agire contro il condominio per la riparazione?

Risposta al quesito:
Con la scrittura privata (comunque da verificare nell’esatto contenuto) si sono interrotti i termini di decadenza e prescrizione per l’azione proponibile dall’acquirente a seguito dei vizi costruttivi.
Nel caso di specie sembra che il vizio costruttivo sia di particolare gravità (infiltrazioni che compromettono le strutture armate), sicché l’azione è proponibile ai sensi dell’art. 1169 c.c..
La predetta azione va inoltrata contro la Cooperativa, il prima possibile e comunque non oltre dieci anni dalla stipula della scrittura (potrebbe verificarsi l’evento prescrizionale).
Nel caso di fallimento della Cooperativa, quanto già ottenuto nel corso del giudizio può essere riversato contro il Condominio.
Se il Condominio è, comunque, già sorto (nel caso di più rogiti si forma ex lege il Condominio tra gli acquirenti e la Cooperativa) occorre citare ab initio entrambi i soggetti, prestando attenzione alla formulazione delle domande.

Quesito del 21/12/2021

Spettabile avvocato, sono socio di una Cooperativa in Liquidazione ed ho effettuato il rogito nell’anno 2018. Nel medesimo non ci sono pesi o impegni relativi al mutuo della Cooperativa di cui lo scrivente non ha accollato, ma utilizzato delle piccole quote di cui sono stato chiamato a saldare prima del rogito. Dai bilanci societari ogni impegno con la banca risulta essere cessata.
Lo scorso anno il Liquidatore (stimolato da qualche socio/condomino) ha rielaborato i conteggi della precedente amministrazione, riferendo che vi erano delle inesattezze sulla ripartizione. Quindi si è riunito con alcuni soci/condomini ed hanno elaborato una nuova ripartizione, che è in palese violazione con i criteri mutualistici, in quanto non tutti i soci vengono chiamanti al pagamento delle spese (notaio perizia ecc.). Però allo scrivente sono state chiese somme aggiuntive.
Di quanto operato hanno trovato naturalmente la mia opposizione, con
e-mail e raccomandate (non ho impugnato la delibera). Da allora è trascorso oltre un anno. Di recente ho ricevuto un nuovo sollecito dal Liquidatore, che riferisce di adire alle vie legali e in arbitrato; ritengo di essere adempiente allo Statuto e agli impegni presi con la cooperativa.
Chiedevo: può un deliberato successivo al rogito costituire un obbligo per il socio che subisce un aggravio di spese attraverso un riparto in violazione alla legge e al contratto mutualistico?
E inoltre secondo la Sentenza della Cassazione n. 470 del 10 gennaio 2019, in tema di condominio, ha accolto il ricorso del cittadino, ritenendo che “sono da considerare nulle per impossibilità dell’oggetto, e non meramente annullabili, e perciò impugnabili indipendentemente dall’osservanza del termine perentorio di trenta giorni ex art. 1137, comma 2, c.c., tutte le deliberazioni dell’assemblea adottate in violazione dei criteri normativi o regolamentari di ripartizione delle spese, non potendo la maggioranza dei partecipanti incidere sulla misura degli obblighi dei singoli condomini fissata per legge o per contratto”. Chiedevo, se tale principio e tale sentenza possono trovare riferimento e applicazione in tema di società cooperative , con il vincolo del principio mutualistico, laddove tale principio risulta violato.

Risposta al quesito:
Da quanto viene rappresentato si è verificata la violazione del principio di parità di trattamento dei soci, ciò relativamente ad una nuova ripartizione delle spese.
Se così fosse, la predetta violazione, essendo contro legge, comporta la nullità della relativa delibera assembleare.
In tal caso non si applica il termine dei 60 giorni per l’annullabilità, ma occorre verificare se la ripartizione è stata assorbita nel Bilancio sociale, in quanto, se così fosse, ci sarebbe il termine triennale anche per i casi di nullità.
Alla luce di quanto precede, dunque, il socio può agire per la declaratoria di nullità, previa verifica delle condizioni di diritto da approfondire con l’esame documentale e la valutazione dell’esatto contenuto dei deliberati.

Quesito del 21/12/2021

Egr. avvocato, in una Cooperativa edilizia a r.l. gli immobili sono ormai stati assegnati da tempo ma la Cooperativa non è stata sciolta in quanto erano in corso due cause (una contro i proprietari del terreno espropriato dal Comune a suo tempo e l’altra contro il costruttore. Solo la seconda è oggi ancora in essere).
Per il sostentamento delle spese legali nonché degli importi da corrispondere a seguito delle sentenza, tutti i soci si sono fatti carico pro quota di quanto dovuto. Ad oggi qualche socio risulta debitore verso la Cooperativa tanto per la quota “ordinaria” relativa al mantenimento della Cooperativa fino al suo scioglimento, quanto per la quota straordinaria legata alla corresponsione delle somme dovute a seguito di sentenza definitiva (nel caso di specie a favore dei proprietari del terreno). Recentemente un socio moroso ha subito la vendita all’asta del proprio appartamento per debiti personali pregressi.
L’acquirente all’asta (ed in genere ogni acquirente da socio già assegnatario) diviene automaticamente socio della cooperativa (e conseguentemente il venditore non è più socio automaticamente)?
Se così fosse, il debito del socio moroso è automaticamente assorbito dal nuovo acquirente?
Al contrario, se l’acquirente può non considerarsi socio, può la Cooperativa continuare ad agire direttamente sul socio moroso?

Risposta al quesito:
I rapporti intercorrenti tra socio e Cooperativa sono di due tipi: quello sociale che deriva dal contratto societario (atto costitutivo-Statuto) e quello mutualistico attinente alla cessione dell’alloggio da costruire a fronte del prezzo.
Con l’assegnazione definitiva dell’alloggio (rogito notarile), il rapporto mutualistico esaurisce i suoi effetti, mentre permane il contratto di società con tutti i diritti e gli obblighi assunti in sede di ammissione del socio.
Alla luce di quanto precede l’assegnazione dell’alloggio è atto autonomo e indipendente dal rapporto sociale e, pertanto, non determina alcun obbligo sociale in capo all’eventuale acquirente dell’originario assegnatario.
Occorre, però, verificare le eventuali eccezioni, determinate da specifiche clausole nell’atto di trasferimento al nuovo acquirente, che potrebbero accollare a quest’ultimo eventuali obbligazioni residue del socio verso la Cooperativa.
In tal caso, la Cooperativa può surrogarsi al socio moroso e agire direttamente contro il nuovo acquirente in base all’obbligazione enunciata nel rogito.
La Cooperativa creditrice ha sempre il diritto di agire nei confronti del socio moroso anche se non più proprietario dell’alloggio.

Quesito del 20/12/2021

Gent.mo avvocato, io, mio fratello e mia madre ci ritroviamo in una situazione surreale dopo che il nostro capofamiglia è venuto a mancare nel 2003; lui era il socio della coop edilizia che attualmente è in liquidazione volontaria (per decisione in assemblea straordinaria dei soci e per scioglimento nel 1996).
Con i miei familiari risultiamo soci eredi, anche se abbiamo venduto la casa in oggetto nel 2007, continuiamo ad essere Soci eredi, senza diritti di voto d’assemblea ecc. ecc.. Ultimamente siamo riusciti, tramite Dottore Commercialista privato, ad avere lo statuto, per il quale da parte dei liquidatori ci veniva sempre negata la richiesta.
L’art. 9 “Recesso del Socio” prevede che “oltre nei casi previsti dalla legge, può recedere il socio: b) che non si trovi più in grado di partecipare al raggiungimento degli scopi sociali” ed ancora “in nessun caso è ammesso il recesso prima che siano stati assolti gli impegni di qualsiasi tipo e natura e gli obblighi assunti con la società… e nei confronti di terzi per conto del socio che intende recedere”.
Abbiamo provato più volte a richiedere la recessione dalla qualità di soci eredi, ma ci è stata sempre negata dai due liquidatori, a loro avviso finché non verranno “perfezionate le cessioni dei giardini ai soci, la definizione della Convenzione con il Comune ed infine recuperate le somme deliberate dovute da parte dei soci morosi”.
Ci sarebbe un qualche modo per recedere dalla facoltà di soci eredi?

Risposta al quesito:
Occorre, innanzitutto, verificare se la Cooperativa ha fruito di contributi pubblici ovvero ha realizzato l’insediamento in area PEEP, in quanto la disciplina applicabile è diversa, poiché in caso affermativo si applicano le norme del T.U. n. 1165/38 in materia di edilizia popolare.
In linea generale, comunque, lo Statuto dovrebbe prevedere gli adempimenti in caso di subentro degli eredi secondo il diritto civile.
Gli eredi devono, comunque, indicare il loro delegato ai fini dell’esercizio del diritto di voto.
Ciò posto, il recesso non è consentito fino a quando non sia completato il rapporto contrattuale mutualistico, secondo cui devono essere eseguite le reciproche prestazioni.
Se, poi, la Cooperativa è già in Liquidazione volontaria, i soci che hanno ricevuto la prestazione restano obbligati a concorrere alle spese generali sino all’estinzione della Società.
Nel caso di specie, dunque, il problema reale che si pone è la legittimità del ritardo nelle operazioni di Liquidazione, sicché i soci (eredi o meno è indifferente) possono tutelarsi verificando il regolare processo liquidatorio.