Cooperative: casi e soluzioni

Quesito del 26/10/2017

Faccio parte come militare di una cooperativa ad edilizia convenzionata dai primi anni novanta. Nel 2003 mi è stato assegnata l’abitazione dove vi risiedo come prima casa. Nel 2018 faremo il rogito per passare a proprietà divisa dal notaio.
Se nel 2020 cambiassi lavoro e quindi non più militare la casa rimane mia o perdo la proprietà? Per i contributi trentacinquennali cosa accadrebbe?

Risposta al quesito:
Ottenuta l’assegnazione definitiva in proprietà a seguito del nulla osta dell’Autorità di vigilanza, non sussistono vincoli riguardanti la modifica dei requisiti soggettivi.
L’unico vincolo può riguardare la libera commerciabilità dell’alloggio, che normalmente attiene al termine entro il quale non può essere alienato l’alloggio, cioè il quinquennio dall’atto pubblico di assegnazione. Può, tuttavia, ottenersi una deroga, previa autorizzazione dell’Ente finanziatore per motivi eccezionali (trasferimento di sede). E’ bene, tuttavia, verificare l’eventuale esistenza di altri vincoli esaminando la specifica legge di finanziamento e il contenuto dell’atto pubblico di assegnazione.

 

 

Quesito del 26/10/2017

Sono socio di una cooperativa a proprietà indivisa il cui muto è stato estinto già da qualche anno. Vorremmo sciogliere la cooperativa ed avere in assegnazione l’alloggio che occupiamo, ma alcuni soci non interessati o con scarse capacità economiche per coprire le spese occorrenti non aderiscono.
E’ possibile richiedere alla Regione l’assegnazione individualmente e dimettersi da socio?

Risposta al quesito:
Le Cooperative a proprietà indivisa assegnano in uso gli alloggi ai soci, sicché l’eventuale dimissione di uno di loro comporta che l’immobile rientra nella piena ed esclusiva disponibilità della Società assegnante.
Alla luce di quanto precede, i soci assegnatari possono ottenere la proprietà individuale degli alloggi solamente a seguito della preventiva trasformazione della Cooperativa da indivisa a divisa, come previsto dalla L. 179.
Secondo la predetta normativa la Cooperativa può trasformarsi a seguito della delibera assunta dalla maggioranza dei soci; in tal caso la minoranza dei soci resterebbe nella Cooperativa indivisa, mentre gli altri otterrebbero l’assegnazione in proprietà degli alloggi, previo nulla osta concesso dall’Ente finanziatore dopo il pagamento della differenza relativa al contributo pubblico.

 

 

 

Quesito del 24/10/2017

Facevo parte di una coop edilizia a proprietà indivisa, con contributo a fondo perduto della Regione Lazio, la coop edilizia, anni fa prese un mutuo per costruire non estinto del tutto, 2 anni fa ho dato le dimissioni accettate dalla coop, ma ancora mi devono liquidare. Per gravi irregolarità il M.I.S.E. ha chiesto lo scioglimento ex art. 2545 della coop edilizia e la nomina del liquidatore.
La mia preoccupazione è che la banca si prenda tutto, e io non veda un euro, vorrei sapere come funziona.

Risposta al quesito:
La Liquidazione coatta amministrativa è una procedura concorsuale assimilabile al Fallimento, sicché il Liquidatore deve realizzare l’attivo (vendita degli alloggi) e poi predisporre il piano di riparto tra i creditori secondo la gradazione del loro credito.
Per primo devono essere soddisfatti i crediti prededucibili (costi della procedura, come il Liquidatore e gli eventuali onorari di professionisti, oneri fiscali etc…); dopo la detrazione dei prededucibili devono soddisfarsi i crediti privilegiati (secondo l’ordine del codice civile), tra cui sono annoverabili i crediti ipotecari delle Banche; infine vanno soddisfatti i crediti chirografari, che ricomprendono i rimborsi dovuti ai soci receduti.
Se sussistono responsabilità degli amministratori, i soci interessati possono agire con l’azione di responsabilità nei loro confronti; i medesimi soci possono anche proporre denuncia alla Procura della Repubblica se sussistono fatti penalmente rilevanti.
Qualora dovessero essere accertati i predetti fatti e dovesse insorgere Giudizio penale, i soci danneggiati potrebbero costituirsi parte civile per ottenere il risarcimento.

 

Quesito del 24/10/2017

La cooperativa per la realizzazione di tre lotti ha sottoscritto contratto con la direzione lavori che prevedeva anche la contabilità di cantiere. L’impresa di costruzione doveva essere pagata con stati avanzamento lavori a seguito di fattura con verifica della direzione lavori.
Il Presidente di fatto del Cda ha effettuato pagamenti nei confronti dell’impresa senza rispettare quanto previsto nel contratto, senza verifica della direzione lavori e riscontro sul cantiere. L’impresa di costruzione è scomparsa percependo circa 90 mila in più rispetto ai reali lavori. La direzione lavori sostiene di non essere mai stata interessata dal Presidente e che non ha responsabilità in merito. Il Presidente per giunta non ha mai chiesto il rilascio della polizza fideiussoria. Colui che ha operato come presidente è anche socio occulto e detiene due immobili all’interno della cooperativa.
Quali sono le responsabilità della Direzione Lavori, del Presidente di Fatto e di quello che materialmente firmava?
I soci possono rifiutare di versare altre quota imputando il danno al presidente di Fatto?
Si può aggredire la quota detenuta dal presidente di fatto tramite interposta persona per recuperare i soldi?

Risposta al quesito:
Nelle Cooperative il CdA viene eletto dall’assemblea dei soci e deve operare in ragione delle norme previste nello Statuto e nell’eventuale regolamento, in ogni caso secondo il mandato assembleare (sia iniziale che nel corso delle varie assemblee).
Gli amministratori, compreso il presidente, devono essere enunciati nel Registro delle Imprese, in modo che i terzi possano conoscere quali siano i rappresentanti con cui trattano.
Alla luce di quanto precede, gli amministratori, ufficialmente accreditati, hanno la responsabilità delle loro azioni sia nei confronti dei terzi, che nei confronti dei soci mandanti.
La presenza del “socio occulto”, peraltro “amministratore di fatto”, non è facilmente ipotizzabile per le Cooperative, anche in ragione della difficoltà probatoria incombente su chi la vuol fare valere.
Ed invero, “ l’amministratore di fatto” dovrebbe essere titolare di un mandato sostanziale a lui conferito dai soci o, comunque, operare in modo che i soci medesimi siano informati della sua attività.
In assenza di un tale rapporto sostanziale con i soci, l’enunciato “amministratore di fatto” sarebbe un coadiutore dominante dell’amministratore ufficiale e, pertanto, si potrebbe agire per le relative responsabilità risarcitorie contro il primo solamente dimostrando il mandato conferito dal secondo, con l’interesse lucrativo di entrambi finalizzato a danneggiare il sodalizio.
Nel caso di “mandato” conferito dai soci, l’amministratore di fatto risponde direttamente verso i terzi ed, eventualmente, verso i soci medesimi per la difforme esecuzione del mandato.
Nel caso di specie, occorre verifica come l’amministratore di fatto abbia effettuato i pagamenti all’impresa, se cioè egli stesso era titolare del conto corrente sociale ovvero si sia servito dell’amministratore ufficiale.
Nel primo caso, l’amministratore di fatto è direttamente responsabile, mentre nel secondo può ravvisarsi il concorso di responsabilità (da dimostrare) tra i sue amministratori.
Il Direttore dei Lavori può ritenersi responsabile solamente nel caso abbia attestato l’esecuzione di lavori superiore a quella effettivamente eseguita.
Se i versamenti richiesti sono stati deliberati dall’assemblea, i soci non possono sottrarsi alla relativa esecuzione se non dopo avere provato gli illeciti degli amministratori; i soci interessati, pertanto, potrebbero dare corso alle azioni giudiziarie ovvero amministrative, dichiarandosi disponibili a versare le somme all’amministratore giudiziario ovvero al commissario nominato dall’Autorità di Vigilanza.
Relativamente al risarcimento del danno subito, i soci possono esperire due diverse azioni: quella di responsabilità sociale che deve essere votata dall’assemblea in ordine ai danni inflitti alla Società; quella individuale di responsabilità che riguarda i danni direttamente inflitti al socio agente dal comportamento illecito degli amministratori.
Se i fatti addebitabili agli amministratori hanno rilevanza penale, i soci interessati possono proporre denuncia alla competente Procura della Repubblica.

 

Quesito del 20/10/2017

Egregio avvocato, sono proprietario di un appartamento acquistato in piena proprietà più di 10 anni fa in convenzione comunale da una cooperativa edilizia, con la quale ho trovato un accordo per permutare il mio immobile con uno più grande, essendo questo attuale piccolo per la mia famiglia.
È stato sollevato un dubbio sulla possibilità che la cooperativa possa acquistare il mio appartamento ed è stato richiesto di interessare l’ente comunale perché avalli l’operazione.
Lei cosa può dirmi al riguardo? Il Comune potrebbe opporsi? Le sarei molto grato della consulenza.

Risposta al quesito:
Il Testo Unico sull’edilizia popolare prevede che gli assegnatari possano scambiarsi gli alloggi loro assegnati, come può accadere nel caso di sopraggiunte esigenze familiari.
Se, dunque, la Cooperativa dispone ancora di un alloggio più consono alle esigenze del socio già assegnatario di alloggio, non dovrebbe essere ostativo l’atto di retrocessione dell’alloggio già assegnato alla Cooperativa e la riassegnazione di altro alloggio al medesimo socio.
La Cooperativa deve preventivamente acquisire la disponibilità del nuovo socio a scambiare l’alloggio prenotato con quello retrocesso.
Il notaio potrebbe rogitare un unico atto pubblico per le tre operazioni.
L’autorizzazione del Comune (seppur non necessaria) deve essere, comunque, sollecitata con apposita istanza esplicativa e correttamente finalizzata.

Quesito del 20/10/2017

Nell’ambito della cooperativa edilizia di cui faccio parte abbiamo un presidente che non è socio assegnatario ma che di fatto ha acquisito tre alloggi attraverso interposte persone. La cooperativa non ha beneficiato di alcun contributo economico.
E’ lecita la posizione del Presidente?

Risposta al quesito:
Occorre verificare preventivamente se la Cooperativa ha costruito su terreno assegnato dal Comune e ha stipulato la relativa Convenzione con l’Ente medesimo.
In tal caso, infatti, permangono i vincoli dei requisiti soggettivi, tra i quali l’impossidenza di altri alloggi oltre quello assegnato dalla Cooperativa, indipendentemente dalla fruizione del contributo pubblico; sussisterebbe, quindi, il divieto di assegnazioni plurime, anche a mezzo di interposizioni fittizie di assegnatari, che dovrebbero essere provate da circostanze obbiettive.
Se, viceversa, la Cooperativa ha acquistato il terreno in zona edificabile e non h fruito di contributo pubblico, non esistono limiti all’assegnazione di più alloggi, almeno che lo Statuto non ne escluda espressamente la possibilità.
In tale ultimo caso, varrebbe sempre la regola della prova delle interposizioni fittizie.